Enea Salvatori (2003) vive e lavora a Treviglio. La sua ricerca si sviluppa a partire dalla pratica scultorea,
in
particolare dalla pratica della ceramica, che affronta come dispositivo permeabile al tempo, alla memoria e
all’errore.
L’argilla diventa per Salvatori un corpo sensibile, ricettacolo di tensioni interiori e domande latenti, ma anche
materia che restituisce — con crudezza e delicatezza insieme — i residui del quotidiano e le ombre dell’identità.
Formatosi presso il Liceo Artistico Simone Weil di Treviglio, ora prosegue gli studi all’Accademia di Belle Arti di
Brera, dove integra alla pratica plastica una riflessione sul linguaggio, il gesto e la temporalità, anche attraverso
la
scrittura poetica e l’immagine fotografica. La poesia entra nel suo lavoro come sguardo disossato, capace di accostare
rigore scientifico e visione emotiva, in una relazione non illustrativa ma dialogica con l’oggetto scultoreo. Negli
ultimi mesi il suo lavoro si è aperto a un’indagine più radicale sul reale, sperimentando l’impiego di sostanze
stupefacenti come materiali o dispositivi attivi nella pratica scultorea. A volte in chiave provocatoria, l’uso di
sostanze celatamente psicoattive è un tentativo di esplorare la soglia tra coscienza e alterazione emulando i processi
cognitivi e le esperienze sensoriali attive nella ricezione e nel consumo compulsivo di immagini. In questo senso, la
sua poetica si muove lungo i fronti di percezione della realtà.
Ha partecipato a residenze, tra cui Manifattura Mazzotti 1903 (Albissola, 2024), e ha organizzato nel territorio
bergamasco una piccola serie di “mostre satellite”, cercando di costruire circuiti alternativi di scambio tra centro e
periferia.
Enea Salvatori (2003) vive e lavora a Treviglio. La sua ricerca si sviluppa a partire dalla pratica scultorea,
in
particolare dalla pratica della ceramica, che affronta come dispositivo permeabile al tempo, alla memoria e
all’errore.
L’argilla diventa per Salvatori un corpo sensibile, ricettacolo di tensioni interiori e domande latenti, ma anche
materia che restituisce — con crudezza e delicatezza insieme — i residui del quotidiano e le ombre dell’identità.
Formatosi presso il Liceo Artistico Simone Weil di Treviglio, ora prosegue gli studi all’Accademia di Belle Arti di
Brera, dove integra alla pratica plastica una riflessione sul linguaggio, il gesto e la temporalità, anche attraverso
la
scrittura poetica e l’immagine fotografica. La poesia entra nel suo lavoro come sguardo disossato, capace di accostare
rigore scientifico e visione emotiva, in una relazione non illustrativa ma dialogica con l’oggetto scultoreo. Negli
ultimi mesi il suo lavoro si è aperto a un’indagine più radicale sul reale, sperimentando l’impiego di sostanze
stupefacenti come materiali o dispositivi attivi nella pratica scultorea. A volte in chiave provocatoria, l’uso di
sostanze celatamente psicoattive è un tentativo di esplorare la soglia tra coscienza e alterazione emulando i processi
cognitivi e le esperienze sensoriali attive nella ricezione e nel consumo compulsivo di immagini. In questo senso, la
sua poetica si muove lungo i fronti di percezione della realtà.
Ha partecipato a residenze, tra cui Manifattura Mazzotti 1903 (Albissola, 2024), e ha organizzato nel territorio
bergamasco una piccola serie di “mostre satellite”, cercando di costruire circuiti alternativi di scambio tra centro e
periferia.